Sostenibilità delle piastrelle ceramiche: adesso c'è una norma, la ISO 17889-1:2021 | Articoli | Ingenio

2022-11-15 16:46:40 By : Ms. Elaine Cai

Lo sviluppo sostenibile è diventato il motore di tutte le politiche odierne che guidano gli aspetti ambientali, economici e sociali. Il settore delle piastrelle di ceramica ha promosso, fin dagli anni ’70, un percorso strategico atto ad applicare concretamente i principi dello sviluppo sostenibile. Il presente articolo riassume le diverse strategie intraprese fino all’introduzione, nel 2021, della norma sulla sostenibilità (ISO 17889-1) per le piastrelle di ceramica.

Lo sviluppo sostenibile è diventato il motore di tutte le politiche odierne che guidano gli aspetti ambientali, economici e sociali.

Il settore delle piastrelle di ceramica ha promosso, fin dagli anni ’70, un percorso strategico atto ad applicare concretamente i principi dello sviluppo sostenibile.

Il presente articolo riassume le diverse strategie intraprese fino all’introduzione, nel 2021, della norma sulla sostenibilità (ISO 17889-1) per le piastrelle di ceramica.

Il concetto di sviluppo sostenibile è stato definito nel rapporto Brundtland del 1987 dalla Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, come “uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare, a loro volta, i propri”.

Il settore dell’edilizia contribuisce notevolmente alla crisi ambientale in quanto è uno dei settori maggiormente responsabili del consumo di suolo, energia e di risorse. In Europa gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas effetto serra. Inoltre, questioni come l'effetto isola di calore urbano e la trasformazione dell’ecosistema in spazi antropizzati impermeabili e privi di biodiversità hanno spinto il settore dell’edilizia ad adottare soluzioni e strategie alternative.

Le piastrelle, prodotto di punta del settore ceramico, sono materiali inorganici e non metallici principalmente impiegati come elementi di finitura per pareti e pavimenti.

La facile pulibilità, la resistenza agli agenti chimici, all’umidità, alle variazioni di temperatura e ai raggi UV sono alcune delle proprietà delle piastrelle di ceramica che ne assicurano un’elevata durabilità (tempo di vita stimato oltre 50 anni) in coerenza con i principi dell’Economia Circolare.

Il settore delle piastrelle di ceramica ricopre una posizione importante nel panorama edile italiano.

Secondo i dati del 2019, l’Italia è il sesto produttore mondiale di piastrelle di ceramica con un volume di vendite di 407 milioni di metri quadri, di cui il 79% deriva da esportazioni estere. In particolare, l’Emilia-Romagna è responsabile di oltre il 90% della produzione nazionale di piastrelle di ceramica data l’alta concentrazione di unità produttive nel distretto reggiano-modenese. Questa localizzazione ha portato a monitorare la qualità dell'aria nel distretto e ad accrescere, fin dagli anni ’70, una forte consapevolezza verso l'impatto ambientale del processo produttivo ceramico. L’impegno del settore sul tema ambientale è testimoniato dall’elevatissimo numero di pubblicazioni su CER il giornale della Ceramica, rivista ufficiale del settore che si rivolge all’intera filiera ceramica italiana. In Tabella 1 sono riportati i principali articoli pubblicati a partire già dal 1973.

Tabella 1 – Elenco dei principali articoli pubblicati su CER su tematiche ambientali

[...] ndr. L'elenco completo degli articoli pubblicati da CER che riguardano tematiche ambientali sono contenuti nell'articolo in formato pdf allegato e disponibile a fondo pagina.

A partire dagli anni ‘70, l’industria italiana delle piastrelle di ceramica – in ragione dell’alta concentrazione di imprese sul territorio – ha promosso un percorso strategico finalizzato alla riduzione delle emissioni e degli sprechi in campo energetico, idrico e di sfruttamento delle risorse naturali.

In particolare, la Regione Emilia-Romagna ha sottoscritto con Confindustria Ceramica un accordo di collaborazione per l’elaborazione di dati ambientali che vengono trasmessi ogni anno dalle aziende mediante i Report AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Il Rapporto che ne deriva riporta annualmente i dati settoriali, a partire dal 2010, relativi a 35 indicatori di impatto e di prestazione ambientale rispetto ad emissioni in atmosfera, acque e bilancio idrico, uso dei materiali e consumo di energia.

Dagli studi condotti emerge che l’industria delle piastrelle di ceramica ha conseguito importanti risparmi energetici, nel corso degli anni, grazie ad innovazioni tecnologiche, interventi per il recupero dei cascami termici, efficienza nei cicli di produzione ed un uso razionale dell’energia. Attualmente nel settore sono attivi 30 impianti di cogenerazione e 18 impianti fotovoltaici, con una produzione di circa 700 GWh/anno, che copre quasi il 40% del fabbisogno energetico.

L'analisi dei dati settoriali evidenzia che il consumo specifico totale di energia varia in funzione del tipo di prodotto e del ciclo produttivo e che il valore medio (pari a 12 GJ/t negli anni ’80) si è stabilizzato, a partire dal 2010, intorno a 5÷6 GJ/t. Nonostante la stabilità dei consumi, circa l’80% degli impianti considerati presenta dei livelli di consumo inferiori rispetto ai limiti richiesti dalle Linee Guida Nazionali per le Best Available Techniques o BAT (6,5 GJ/t). Tali limiti sono raggiunti solo dal 20% degli stabilimenti, in particolare da quelli più energivori che, ad un processo produttivo “a ciclo completo”, sommano anche la preparazione di atomizzato per la vendita a terzi.

Il consumo di acqua è un altro aspetto rilevante del processo produttivo: il suo utilizzo avviene principalmente nelle fasi di macinazione delle materie prime, di smaltatura e di finitura delle piastrelle cotte. Grazie ai notevoli investimenti, il distretto ceramico è riuscito a realizzare significative riduzioni nel campo del consumo idrico agendo da una parte sulla razionalizzazione dell’esistente e dall’altra sull’innovazione tecnologica. I dati relativi alla gestione delle acque e del bilancio idrico mostrano un recupero pressoché totale delle acque reflue, con conseguenze positive associate sia al risparmio di risorse idriche, sia alla protezione dell’ambiente. Il 97% dei siti vanta infatti la totale assenza di scarichi idrici di acque provenienti dal processo produttivo, con conseguente abbattimento del rischio di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee.

A differenza di altri settori produttivi, l’industria ceramica, e quella delle piastrelle in particolare, è in grado di riciclare al proprio interno la maggior parte dei rifiuti che vengono creati in fase di produzione. L’innovazione tecnologica ha infatti permesso di reintrodurre nel ciclo produttivo gran parte dei residui come piastrelle di scarto crude e cotte, residui di macinazione, etc. Secondo i dati settoriali, il fattore di riutilizzo medio degli scarti di produzione risulta essere superiore al 100% (era l’89% nel 1998) evidenziando la capacità del settore di assorbire anche altri scarti provenienti da filiere produttive diverse (scarti di vetro, fanghi dell’industria tessile, etc).

Le emissioni in atmosfera sono un altro dei fattori di impatto ambientale sul quale l’attenzione dei legislatori, dell’industria e della ricerca istituzionale si è maggiormente concentrata. Le nuove tecnologie produttive e l’adozione di un’impiantistica di depurazione all’avanguardia hanno permesso all’industria ceramica italiana di ridurre, a partire dagli anni 2000, le emissioni inquinanti in atmosfera di oltre il 90%.

Secondo un recente studio, negli ultimi vent’anni, la concentrazione dei principali inquinanti emessi dagli impianti di piastrelle di ceramica (particolato, fluoro e piombo) è diminuita progressivamente e risulta inferiore ai limiti riportati nelle BAT. Un ulteriore fattore di impatto ambientale, associato alle emissioni in atmosfera e caratterizzato attualmente da un crescente interesse nel settore, è rappresentato dalle emissioni di Sostanze Organiche Volatili (SOV), ed in particolare dalle aldeidi, in fase di cottura. L’innovazione nella tecnologia della decorazione digitale, oltre ad aver apportato significative migliorie a livello ambientale grazie ad una riduzione delle materie prime e delle risorse idriche impiegate, mira a sperimentare nuovi inchiostri a base d’acqua per ridurre le emissioni di SOV e aldeidi. Relativamente alle emissioni degli ossidi di azoto durante i processi di combustione, lo studio condotto ha evidenziato un modesto, ma costante incremento negli anni, probabilmente dovuto ai maggiori spessori delle piastrelle presenti oggi sul mercato.

Per quanto riguarda l’anidride carbonica, i dati settoriali indicano che le emissioni si attestano nell’intervallo tra 3 e 9 kg/m2, con variazioni dovute al tipo di prodotto realizzato e al ciclo di lavorazione.

Il settore ceramico aderisce inoltre al sistema per lo scambio delle quote di emissione di CO2 (Emission Trading System – ETS) dell’Unione Europea ed è pertanto impegnato nel raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di almeno il 55% entro il 2030.

Le certificazioni ambientali rappresentano uno degli strumenti per favorire la diffusione di prodotti “verdi” in quanto forniscono informazioni sulla performance ambientale complessiva, o su uno o più aspetti ambientali di un determinato prodotto o servizio.

Uno dei sistemi utilizzati dalle imprese ceramiche italiane per monitorare, riportare e migliorare la loro performance ambientale è attraverso le Etichette Ambientali, come il marchio europeo di qualità ecologica Ecolabel UE (Etichetta Ambientale di tipo I).

Attualmente in Italia, risultano rilasciate 8 licenze Ecolabel UE che si riferiscono ad aziende di piastrelle di ceramica e che coprono oltre 1432 prodotti certificati.

Le Etichette Ambientali di tipo III o EPD (Environmental Product Declaration) forniscono invece dati quantitativi sul profilo ambientale di un prodotto, calcolati secondo la metodologia LCA (Life Cycle Assessment) ed espressi tramite indicatori di impatto. Nel settore ceramico, sono 21 le aziende che hanno pubblicato le EPD relative ai propri prodotti, in accordo con lo standard internazionale ISO 14025. Inoltre, nel 2016, sulla base dei dati primari di 84 stabilimenti, rappresentanti l'82,6% della produzione italiana di piastrelle di ceramica, è stata pubblicata l’EPD media settoriale per valorizzare in campo internazionale l’eccellenza delle prestazioni ambientali raggiunte dall’industria ceramica italiana.

Al fine di valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali, numerose aziende ceramiche hanno inoltre adottato un Sistema di Gestione Ambientale conforme allo standard ISO 14001 o al regolamento EMAS (Environmental Management and Audit Scheme) creato dall’Unione Europea. In particolare, nel distretto ceramico, 35 aziende hanno ottenuto la certificazione ISO 14001 e 21 siti produttivi sono conformi allo standard EMAS.

Recentemente, l'impegno dell’industria italiana del settore ceramico si è concentrato sulla promozione di una nuova norma internazionale dedicata a definire le caratteristiche che deve possedere una piastrella per essere considerata sostenibile.

La norma ISO 17889-1, Ceramic tiling systems – Sustainability for ceramic tiles and installation materials – Part 1: Specification for ceramic tiles, pubblicata a giugno del 2021, elimina l’aleatorietà interpretativa rispetto al concetto di sostenibilità e permette di differenziare i prodotti con un metodo misurabile e valido a livello internazionale.

La ISO 17889-1 contribuisce alla realizzazione del dodicesimo obiettivo dei Sustainable Development Goals (SDGs) nell’ambito dell’Agenda 2030 ONU, dedicato a “consumi e produzioni sostenibili”. Una seconda parte della norma, relativa ai materiali per la posa delle piastrelle (come adesivi, fughe e membrane) è in corso di stesura.

La norma ISO 17889-1 fissa i requisiti qualitativi e quantitativi di sostenibilità secondo 38 criteri in ambito ambientale, sociale ed economico (Tabella 2 - Scarica l'allegato) che coprono l’intero ciclo di vita delle piastrelle: dalla selezione delle materie prime, alla produzione, distribuzione e posa, uso e fine vita del prodotto.

In particolare, la norma identifica 15 requisiti obbligatori e 23 requisiti multi-rating caratterizzati da un sistema che, attraverso uno specifico peso assegnato ai diversi livelli di performance raggiunti, permette di valorizzare i prodotti più sostenibili.

Per poter essere considerato sostenibile, un prodotto deve rispettare i 15 requisiti obbligatori e raggiungere un punteggio minimo di 117,5 (su un massimo di 130) determinato come somma pesata dei singoli punteggi assegnati ai 23 requisiti multi-rating.

Per quanto riguarda le materie prime, la norma promuove il riciclo o l’impiego di risorse locali, estratte entro un raggio di 800 km dal sito di produzione e trasportate preferibilmente via mare o su rotaie, piuttosto che su gomma. La norma prevede inoltre che il produttore disponga di un elenco di tutte le materie prime presenti nel prodotto finale e di una dichiarazione scritta inerente alla politica ambientale di ogni fornitore di materie prime o di servizi.

Dal punto di vista dell’efficienza energetica, viene incentivata l’adozione di misure volte a ridurre il consumo specifico di energia, come l’installazione di sistemi cogenerativi e di recupero del calore o l’uso di fonti energetiche rinnovabili (solare, idroelettrico, eolico, marino o geotermico). La norma valorizza inoltre la presenza di una Etichetta Ambientale di tipo I o di tipo III (EPD di prodotto o settoriale) o l’implementazione dei Sistemi di Gestione Ambientale o dell’Energia.

Vengono definiti dei livelli di performance per le emissioni dei principali inquinanti in atmosfera, così come per il consumo specifico di acqua dolce o per lo scarico delle acque reflue.

Particolare attenzione viene riservata ai materiali da imballaggio, alle loro proprietà ambientali, al loro riutilizzo o alla loro gestione responsabile in cantiere. La norma prevede inoltre che il produttore fornisca istruzioni sull’utilizzo di prodotti non pericolosi e non inquinanti per la pulizia e la manutenzione delle piastrelle o sulla gestione dei materiali di scarto post demolizione.

La ISO 17889-1 consente inoltre alle imprese ceramiche di valorizzare le buone pratiche attuate a livello aziendale in tema di salute e sicurezza dei lavoratori come l’esecuzione di audit periodici, il controllo dei sistemi di aspirazione e filtrazione o la disposizione di linee guida sulle procedure più sicure in fase di installazione e posa del prodotto.

La nuova norma ISO è stata presentata nel 2021 durante il Cersaie nel convegno “Piastrelle sostenibili? Adesso c'è una norma ISO”, a cui hanno partecipato Andrea Contri di Confindustria Ceramica, Maria Chiara Bignozzi, direttore del Centro Ceramico e docente presso l’Università di Bologna e Marco Mari, presidente GBC Italia. Nel corso degli interventi sono stati illustrati degli esempi di applicazione reale della norma ISO 17889-1 utilizzando i dati medi di settore derivanti dai Report AIA. Secondo i dati raccolti, il settore soddisfa tutti e 15 i requisiti obbligatori e, con i punteggi dei requisiti multi-rating, ottiene un punteggio medio complessivo pari a 124, ben superiore al limite di 117,5.

Il punteggio ottenuto analizzando le singole eccellenze del distretto si attesta nell’intervallo di 126-128, un risultato che permette di fissare l’obiettivo verso cui tendere per il continuo miglioramento del settore in campo ambientale.

In ALLEGATO* è disponibile l'articolo in formato PDF. Nel testo integrale è contenuta la tabella che riporta i 38 requisiti previsti dalla ISO 17889-1:2021.

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