La tomba di Is Concias, una delle più belle della Sardegna

2022-11-15 16:36:08 By : Ms. Monica Pan

Monumenti sardi: la tomba dei giganti di Is Concias, una delle più belle della Sardegna.

La tomba di is Concias, non distante da Sant’Isidoro, si trova nel territorio di Quartucciu: inserita in uno scenario unico è conosciuta anche come sa domu ‘e s’orku, “la casa dell’orco”, un nome che ritroviamo in altri monumenti funerari nuragici. Andiamo a scoprire quella che viene considerata come una delle tombe nuragiche più belle del Sud Sardegna.

Un nome che deriva dalla convinzione pagana, tipica della religiosità arcaica isolana, che vi si nascondessero enormi esseri mostruosi e malvagi.

La tomba, con esedra in muratura (diversa quindi dalle tombe dei giganti del nord e centro Sardegna, che presentano l’esedra formata da pietre a coltello con stele centinata centrale) è maestosa e molto ben conservata, è collocata a a quasi 400 metri, in una località detta San Pietro Paradiso (non distante si trova anche una magnifica cascatella che genera un piccolo laghetto), in mezzo a querce secolari e macchia mediterranea, a pochi passi da una chiesetta campestre dedicata al santo, lungo una strada che conduce in cima al Mont’e Cresia, all’interno del grande e suggestivo parco dei Sette Fratelli.

Lo scenario è unico: l’atmosfera attorno alla sepoltura ha qualcosa di mistico ed esoterico, retaggio dell’arcaico culto degli antenati e degli avi, con annessi primordiali riti preistorici che migliaia di anni fa sacerdoti e fedeli delle genti nuragiche praticavano nell’area antistante l’esedra, costituita da sacri blocchi di pietra.

la tomba, databile al bronzo medio-recente, presenta, similmente ad altre tombe dei giganti della Sardegna meridionale, la cosiddetta “facciata a filari”. Al centro dell’esedra, ampia circa 10 metri, si trova l’ingresso alla camera funeraria lunga circa 8 metri e larga 1,30 m circa. L’altezza della camera funeraria decresce man mano che si avanza; da un massimo di 2,10 m all’ingresso ad un minimo di 1,70 m sul fondo.

All’esterno, al lato destro dell’ingresso, è presente un betilo rappresentante probabilmente una divinità.

La tomba venne scavata negli anni sessanta da Enrico Atzeni e restaurata nel 1987.

Come riporta Sardegna Cultura la tomba presenta il classico schema planimetrico, con corpo rettangolare appena rastremato verso il fondo ed ampia esedra a semicerchio. Al centro dell’esedra, costituita da filari di pietre ben lavorati e di grandezza decrescente verso l’alto, si apre l’ingresso di forma trapezoidale; gli stipiti sono costituiti da due blocchi – uno per parte – sormontati da un’architrave rettangolare privo di finestrella di scarico. Il corridoio funerario, di pianta rettangolare, presenta sul fondo – addossato al lastrone di chiusura – un bancone rettangolare che occupa tutta la larghezza del vano. La muratura è costruita con filari di pietre aggettanti; la sezione del vano, angolare presso l’ingresso, diviene tronco-ogivale nel mezzo e ogivale sul fondo. Il pavimento è costituito dal piano roccioso naturale spianato.

In prossimità dell’ala O dell’esedra sono emersi tre pozzetti scavati nella roccia e delimitati da cerchi di pietre di diverse dimensioni, sovrapposti e concentrici. La tomba è databile all’Età del Bronzo Medio – Bronzo Recente.

Lo sapevate? Che cosa si intende con il proverbio sardo “Bolli s’ou, sa pudda e s’arriali”?

Detto proverbiale antico che si riferisce a una persona pretenziosa, smodata e che non si accontenta. Spesso l’espressione viene rivolta verso chi è viziato e ha la cattiva abitudine di credere che tutto gli sia dovuto.

Secondo il detto, infatti, questa persona vorrebbe il prodotto, l’uovo (s’ou), la gallina (l’azienda in generale, che produce, sa pudda) e il denaro (s’arriali).

S’arriali era il Reale, moneta introdotta durante il periodo spagnolo (Real) e poi conservata durante quello piemontese. Furono addirittura gli aragonesi a introdurla.

Reale in realtà è il nome di moltissime monete di varie dimensioni e valore emesse da moltissimi stati in Italia e fuori.

Il reale grosso era un grosso d’argento fatto coniare ad Alghero da Alfonso V d’Aragona nel 1442 dal peso di 3,11 g, affiancato da un reale minuto di 0,85 g.

Il reale aragonese (o semplicemente aragonese) era un grosso d’argento coniato a l’Aquila nel 1443 su concessione di Alfonso I d’Aragona dal valore di 15 tornesi.

Il reale di Carlo d’Angiò’ era una moneta d’oro emessa Carlo I nella nuova zecca di Barletta nel 1266. Dopo il 1278, quando fu chiusa la zecca di Barletta, la coniazione passò a Napoli dove era stata creata la nuova zecca reale. Doveva sostituire, con lo stesso peso e titolo, l’augustale di Federico II.

In era moderna i reali d’argento battuti in Italia più noti sono:

il reale del Monferrato: Ferdinando Gonzaga (1613 -1626), il reale di Genova (1666), il reale di Massa: Alberico II Cybo-Malaspina (1662), il reale di Sardegna: emesso dai Savoia per la Sardegna, valeva 1/4 di lira o 1/300 di scudo sardo. L’ultimo fu battuto nel 1812, da Vittorio Emanuele I.

Per questo motivo il detto potrebbe risalire ai tempi della dominazione spagnola ma anche piemontese.

La persona quindi potrebbe accontentarsi di un uovo (ricordiamo anche il detto “meglio un uovo oggi che la gallina domani”, che a questo proverbio si ricollega indirettamente), o al limite de sa pudda (niente male, una gallina che fa le uova..). Ma la persona pretenziosa vuole tutto, quindi si merita una ramazina con questo vecchio proverbio isolano.

Una variante del detto è anche “non fait a tenni s’ou, sa pudda e s’arriali”: il senso anche in questo caso non cambia. Anche qui infatti l’invito è per una persona che deve abbassare le proprie pretese, perché si raggiunga un compromesso, attraverso una rinuncia.

Un detto semplice, diretto, basato su concetti semplici e immediati, alla portata di tutti, specchio di una società agropastorale come quella sarda.

“Bolli s’ou, sa pudda e s’arriali”, potrebbe essere l’omologo sardo del proverbio “Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”.

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